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Storia

La storia della Giamaica, ricca di avvenimenti, è segnata da una serie di tirannie e violenze avvenute dopo l’arrivo degli europei.
I primi colonizzatori furono gli Amerindi delle tribù Arawak, una popolazione indigena dell’America Centro-meridionale, che si insediarono sull’isola intorno al ‘900 d.C. chiamandola Xaymaca (isola di primavera). Cristoforo Colombo sbarcò la prima volta sulla costa nord di St. Ann nel 1494, nel suo secondo viaggio verso il Nuovo Mondo e rimase incantato dalla sua bellezza definendola "la più bella isola che occhio umano abbia mai veduto". Il navigatore genovese ne prese possesso in nome del Re di Spagna tra l’indifferenza degli indigeni.

I primi coloni spagnoli iniziarono ad arrivare nel 1509, costringendo alla schiavitù gli Arawak, e determinandone l’estinzione per il duro lavoro, i maltrattamenti e le malattie europee contro le quali gli indios non avevano difesa. Gli spagnoli iniziarono quindi ad importare schiavi dall’Africa per farli lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero.

Nel 1654, malgrado gli sforzi degli spagnoli, fu conquistata dagli Inglesi che ne fecero un centro di contrabbando in direzione dell’America spagnola. Nella seconda metà del Seicento l’isola è sotto il controllo dei bucanieri, un eterogeneo gruppo di banditi marittimi, rifugiati politici e criminali evasi, che si dedicavano alla pirateria.
I pirati del leggendario Henry Morgan partivano per le loro imprese da Port Royal che all’epoca era la capitale; saccheggiavano navi, porti, cittadine costiere, colpendo soprattutto gli interessi spagnoli con l’appoggio degli inglesi. Quando fu firmata la tregua tra Spagna e Inghilterra, nel 1672, i pirati divennero un problema per tutti: Carlo II, Re d’Inghilterra, lo risolse nominando Morgan Governatore dell’isola.

Le ribellioni degli schiavi resero difficile la vita agli inglesi: la prima risale al 1673 quando un piccolo gruppo di schiavi africani riuscì a fuggire dalle piantagioni e a rifugiarsi tra le montagne; furono chiamati Maroons e divennero l'emblema di una razza che non vuole abbassare la testa senza combattere un nemico crudele e razzista.
Da quel momento le ribellioni furono all’ordine del giorno soprattutto dopo che la guerra d’indipendenza americana (1775-81) e la rivoluzione francese (1789) avevano diffuso nel mondo uno spirito di libertà e indipendenza. Tutte furono soffocate dagli inglesi con estrema violenza.

L’ultima, nel 1831, ispirata da “Daddy” Sam Sharpe, schiavo istruito che incitava alla resistenza passiva, coinvolse circa 20.000 schiavi; fu molto violenta e portò alla distruzione di diverse piantagioni e all’uccisione di numerosi latifondisti. La reazione dei coloni fu talmente brutale da provocare lo sdegno della stessa Inghilterra che costrinse quindi il parlamento giamaicano ad abolire la schiavitù il primo agosto del 1834.

Sebbene l’antico ordine fosse stato abolito, minando il potere economico dei proprietari terrieri, il potere politico era ancora nelle mani dei latifondisti bianchi, gli unici ad avere il diritto di voto. Le ingiustizie sociali e le disperate condizioni economiche del paese portarono alla rivolta di Morant Bay, nel 1865, guidata da Paul Bogle, ma, ancora una volta, repressa dai coloni inglesi con una tale violenza da spingere l’Inghilterra a assumere una posizione più illuminata con una serie di governatori più liberali che iniziarono un lento processo di riforme sociali e che riuscirono a portare una relativa prosperità nel paese.

Il suffragio universale per tutti i giamaicani fu raggiunto solo nel 1944, anno in cui la Giamaica acquisì una virtuale autonomia dall’Inghilterra all’interno della Federazione delle Indie Occidentali, dalla quale si stacco il 6 agosto 1962 quando divenne una nazione indipendente nell’ambito del Commonwealth.

 
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